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Donne in azienda: intervista a Mara Cardinalini

Se non ci fossero i nonni”. “Se non ci fosse l’orario flessibile”. “Se non ricoprissi un ruolo che mi dà una certa libertà”. Trovare un equilibrio tra lavoro e famiglia per le donne è un percorso a ostacoli, costellato (ancora) da troppi “se”. Non solo, se guardiamo alla busta paga di uomi-ni e donne che ricoprono lo stesso ruolo in azienda quella dei primi è (ancora) ‘più pesante’ della controparte, come spiegano Chiara Lupi, Direttore Editoriale di ESTE, e le esperte di MAAM negli articoli che potete leggere su questo numero di Persone&Conoscenze.

Dalle testimonianze che abbiamo raccolto la disparità di genere sembra essere un problema culturale. E, attenzione, non è solo la forma mentis degli uomini a dover cambiare, ma anche l’atteggiamento delle donne che non dicono di no a stipendi più bassi, a firmare le dimissioni in bianco, a non denunciare violenze e soprusi sui posti di lavoro. O, più semplicemente, che non rinunciano a occuparsi della casa e della famiglia, non si affidano a partner e ai familiari, ma pretendono da se stesse di essere sempre ‘perfette’. A dimostrazione che l’ostacolo è prin-cipalmente ‘nella testa’ degli italiani, nel 2011 è servita una legge per sancire il diritto delle donne a ricoprire ruoli al vertice, la cosiddetta Legge Golfo-Mosca, che, secondo gli ultimi dati Consob, ha portato i suoi frutti: nel 2016 sono risultate 687 (il 30,3%) le donne che hanno ricoperto un ruolo di consigliere all’interno dei board di aziende quotate. Nel 2011, quindi solamente sei anni fa, le donne in questa posizione erano 193, ossia il 7,4% del totale dei consi-glieri. Alle aziende, soprattutto quelle a trazione femminile, ora spetta il compito di sensibiliz-zare gli uomini e le donne affinché le cosiddette ‘quote rosa’ aumentino perché hanno le stesse competenze e il medesimo tempo da dedicare al lavoro dei colleghi maschi e non perché c’è una norma che lo impone. Per far sì che questa avvenga alcune aziende che ci hanno offerto la loro testimonianza portano avanti iniziative a favore delle donne, altre invece ritengono che il miglior modo per ridurre il gender gap è garantire gli stessi diritti per tutti.

A una mamma manager serve (ancora) un ‘tessuto’ di supporto

Dobbiamo rimandare l’intervista di 10 minuti. I miei bambini piangono. Questo è un esem-pio di quanto, nonostante gli sforzi, sia difficile conciliare vita privata e lavoro”. Parte così la nostra chiacchierata con Mara Cardinalini, Responsabile Sviluppo Prodotto e Produ-zione di Cardinalini Spa 36 anni, mamma di due bimbi, di cinque e tre anni. “Il lavoro e la famiglia sono come delle sfere che devono combaciare sempre, non esistono confini. Del resto, avere dei bambini mi ha aiutata nel lavoro, perché mi ha dato la possibilità di conoscere un mondo, quello dell’abbigliamento per i più piccoli, a me ignoto e di acquisire una maggiore sensibilità nei riguardi del personale, migliorando la capacità di lavoro di gruppo e di multitasking. Ora posso capire che ci sono dei giorni ‘no’, in cui le perso-ne non riescono a esprimersi al meglio. Un uomo non ha questa sensibilità”, racconta dopo essere riuscita a tranquillizzare i suoi piccoli.

Cardinalini rappresenta la terza generazione di un’a-zienda fiore all’occhiello dell’Umbria, che produce per conto terzi capi in jersey, con una storia che ha inizio alla fine della Seconda Guerra mondiale, quando Aldo Cardinalini e la moglie Liliana Borioli, acquisirono un residuato bellico e iniziarono a fare gli ambulanti di tessuti per le fiere dei paesi. Poi, nel 1963, è nato il primo laboratorio di confezioni: “Agli inizi degli Anni 70 eravamo già specializzati nel confezionamento di materiali leggeri e questa è stata la nostra forza, perché in tempo di crisi, ha vinto essere in grado di soddisfare le esigenze di una nicchia. I nostri clienti, infatti, sono i maggiori brand del lusso a livello mondiale e abbiamo un fatturato intorno ai 5 milioni di euro”.

Da 30 anni Cardinalini pensa alle mamme

Nello stabilimento dell’azienda di famiglia, a Mon-tecastrilli, in provincia di Terni, oggi lavorano 70 di-pendenti, di cui 65 donne: “Servono mani piccole ed esperte per lavorare questi tessuti, per questo abbiamo in prevalenza personale femminile”. Cardinalini ere-dita non solo una lunga tradizione dal punto di vista della produzione, ma anche di politiche aziendali in fa-vore delle donne: “È stata mia madre, quando ha preso in mano le redini dell’impresa con mio padre, a portare avanti una serie di iniziative a favore delle donne già 30 anni fa, quando essere una donna a capo di un’azienda e una mamma era ancora una rarità. Per esempio, fac-ciamo sempre una valutazione di rischio per le lavora-trici programmando turni agevolati, rimozioni da in-carichi faticosi per le future mamme e la possibilità di scegliere il part time fino ai tre anni di vita del figlio”.

I suoi bambini frequentano lo stesso nido dei figli dei dipendenti, a un chilometro di distanza dallo stabili-mento: “Concediamo a tutte le mamme che scelgono l’istituto più vicino alla fabbrica di allontanarsi duran-te l’orario di lavoro per andare ad allattare i piccoli”. Scelte che in questi anni hanno ripagato in termini di produttività: “È migliorato il clima aziendale, perché chi ha avuto la possibilità di vivere una maternità sere-na è più predisposto a dare maggiore disponibilità nei periodi di picco produttivo”.

La fortuna di avere una rete di persone a supporto del genitore

Prima di entrare nell’azienda di famiglia, Mara Car-dinalini ha lavorato in altre imprese, anche all’estero: “Ho lavorato nel controllo qualità ed è un mestiere molto duro per una donna perché bisogna viaggia-re molto. Ho visto diverse colleghe decidere di ab-bandonare questa strada per dedicarsi alla famiglia. Ad affermarmi come manager, invece, non ho avuto difficoltà, perché nel settore dell’abbigliamento sono molte le donne a capo di un’azienda. Io sono stata, comunque, fortunata perché intorno a me ho una rete di persone che mi supportano, come i nonni e la baby sitter, e mi rendo conto che questo è un gran-de vantaggio”. L’Italia, secondo Cardinalini, non è ancora un Paese che agevola le mamme lavoratrici: “Si pensi, per esempio, al fatto che gli asili aprono dopo l’inizio del lavoro in fabbrica. In altri Stati que-sto non accade e non serve spostarsi nel Nord Euro-pa, basta guardare alla vicina Polonia dove le scuole dell’infanzia hanno orari d’ingresso coordinati con l’apertura degli stabilimenti”. Così le mamme lavo-ratrici spesso vivono con i sensi di colpa: “A tutte le mamme che lavorano dico che dobbiamo imparare a convivere con il fatto che non potremmo mai essere mamme perfette e lavoratrici sempre presenti, ma bisogna trovare la giusta via di mezzo”.